Alla Porziuncola il Papa indica la strada del rinnovamento alla Chiesa e alla società- Il mondo ha bisogno di perdono

2016-08-05-ossromano

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S. Francesco Assisi

Non rinunciare mai a «essere umili segni di perdono e strumenti di misericordia», perché «troppe persone vivono rinchiuse nel rancore e covano odio, rovinando la vita propria e altrui piuttosto che trovare la gioia della serenità e della pace». Ripetendo che il mondo oggi «ha bisogno di perdono», il Papa ha affidato all’intercessione di san Francesco questa invocazione durante la visita alla Porziuncola di Assisi compiuta nel pomeriggio di giovedì 4 agosto.

Nella ricorrenza dell’ottavo centenario del Perdono di Assisi, il Pontefice si è recato a Santa Maria degli Angeli trascorrendovi tre intense ore durante le quali è rimasto a lungo in preghiera silenziosa nella Porziuncola, luogo dal quale l’indulgenza invocata da san Francesco continua ancora oggi a «generare paradiso». Quindi, dopo aver proposto una meditazione ai fedeli presenti nella basilica, ha confessato 19 persone, ha salutato i vescovi, i superiori generali degli ordini francescani e — avvenimento particolarmente significativo alla luce di quanto sta accadendo in questi giorni — Abdel Qader Mohd, imam di Perugia. Infine Francesco ha incontrato una decina di religiosi ammalati, con gli assistenti, nell’infermeria dell’annesso convento dei frati minori.

Aggiungendo come di consueto considerazioni personali a braccio al testo scritto della meditazione sul brano evangelico di Matteo (18, 21-35), la nota parabola del servo senza pietà, Francesco ha subito sgombrato il campo dagli equivoci dicendosi consapevole del fatto che «è difficile» perdonare. «Quanto costa, a noi, perdonare gli altri! Pensiamoci un po’», ha esortato. Del resto, il luogo stesso della Porziuncola, dove «tutto parla di perdono» — ha fatto notare il Pontefice — offre infiniti spunti di riflessione sul “grande regalo” fatto dal Signore agli uomini, insegnando loro «a perdonare o, almeno, ad avere la volontà di perdonare». In proposito Francesco non ha dubbi: «Non c’è nessuno fra noi, qui, che non sia stato perdonato», ha chiarito esortando a pensare in silenzio alle «cose brutte che abbiamo fatto» e a «come il Signore ci ha perdonato». Di conseguenza «come Dio perdona noi, così anche noi dobbiamo perdonare chi ci fa del male. È la carezza del perdono. Il cuore che perdona. Il cuore che perdona accarezza». Esattamente all’opposto dalla reazione umana che di solito si manifesta con un: «me la pagherai!».

Altro elemento di riflessione contenuto nella parabola e sottolineato dal Pontefice è la “pazienza di Dio”, che si manifesta soprattutto al confessionale. «Siamo pieni di difetti — ha riconosciuto Francesco — e ricadiamo spesso negli stessi peccati. Eppure, Dio non si stanca di offrire sempre il suo perdono ogni volta che lo chiediamo». Si tratta di «un perdono pieno, totale, con il quale ci dà certezza che, nonostante possiamo ricadere negli stessi peccati, lui ha pietà di noi e non smette di amarci». Infatti il suo perdono «non conosce limiti; va oltre ogni nostra immaginazione e raggiunge chiunque, nell’intimo del cuore, riconosce di avere sbagliato e vuole ritornare a lui».

Certo, ha riconosciuto il Pontefice, «quando siamo noi in debito con gli altri, pretendiamo la misericordia; quando invece siamo in credito, invochiamo la giustizia. E tutti facciamo così». Ma, ha avvertito, non dev’essere «questa la reazione del discepolo di Cristo e non può essere questo lo stile di vita dei cristiani. Gesù ci insegna a perdonare, e a farlo senza limiti».

E siccome «offrire la testimonianza della misericordia nel mondo di oggi è un compito a cui nessuno di noi può sottrarsi», Francesco ha invitato i frati e i vescovi presenti «ad andare nei confessionali per essere a disposizione del perdono», così come ha fatto lui stesso, restandovi per circa un’ora e confessando un frate francescano, due sacerdoti, quattro scout, una donna in sedia a rotelle e undici volontari del servizio della basilica di Santa Maria degli Angeli.

 

 

 

 

VISITA ALLA BASILICA DI SANTA MARIA DEGLI ANGELI
IN OCCASIONE DELL'OTTAVO CENTENARIO DEL PERDONO DI ASSISI

MEDITAZIONE DEL SANTO PADRE

Basilica di Santa Maria degli Angeli - Assisi
Giovedì, 4 agosto 2016

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Mi piace ricordare oggi, cari fratelli e sorelle, prima di tutto, le parole che, secondo un’antica tradizione, san Francesco pronunciò proprio qui, davanti a tutto il popolo e ai vescovi: “Voglio mandarvi tutti in paradiso!”. Cosa poteva chiedere di più bello il Poverello di Assisi, se non il dono della salvezza, della vita eterna con Dio e della gioia senza fine, che Gesù ci ha acquistato con la sua morte e risurrezione?

Il paradiso, d’altronde, che cos’è se non il mistero di amore che ci lega per sempre a Dio per contemplarlo senza fine? La Chiesa da sempre professa questa fede quando dice di credere nella comunione dei santi. Non siamo mai soli nel vivere la fede; ci fanno compagnia i santi e i beati, anche i nostri cari che hanno vissuto con semplicità e gioia la fede e l’hanno testimoniata nella loro vita. C’è un legame invisibile, ma non per questo meno reale, che ci fa essere “un solo corpo”, in forza dell’unico Battesimo ricevuto, animati da “un solo Spirito” (cfr Ef 4,4). Forse san Francesco, quando chiedeva a Papa Onorio III il dono dell’indulgenza per quanti venivano alla Porziuncola, aveva in mente quelle parole di Gesù ai discepoli: «Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi» (Gv 14,2-3).

Quella del perdono è certamente la strada maestra da seguire per raggiungere quel posto in Paradiso. E’ difficile perdonare! Quanto costa, a noi, perdonare gli altri! Pensiamoci un po’. E qui alla Porziuncola tutto parla di perdono! Che grande regalo ci ha fatto il Signore insegnandoci a perdonare – o, almeno, ad avere la volontà di perdonare - per farci toccare con mano la misericordia del Padre! Abbiamo ascoltato la parabola con la quale Gesù ci insegna a perdonare (cfr Mt 18,21-35). Perché dovremmo perdonare una persona che ci ha fatto del male? Perché noi per primi siamo stati perdonati, e infinitamente di più. Non c’è nessuno fra noi, qui, che non sia stato perdonato. Ognuno pensi… pensiamo in silenzio le cose brutte che abbiamo fatto e come il Signore ci ha perdonato. La parabola ci dice proprio questo: come Dio perdona noi, così anche noi dobbiamo perdonare chi ci fa del male. E’ la carezza del perdono. Il cuore che perdona. Il cuore che perdona accarezza. Tanto lontano da quel gesto: “me la pagherai!” Il perdono è un’altra cosa. Precisamente come nella preghiera che Gesù ci ha insegnato, il Padre Nostro, quando diciamo: «Rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori» (Mt 6,12). I debiti sono i nostri peccati davanti a Dio, e i nostri debitori sono quelli a cui anche noi dobbiamo perdonare.

Ognuno di noi potrebbe essere quel servo della parabola che ha un grande debito da saldare, ma talmente grande che non potrebbe mai farcela. Anche noi, quando nel confessionale ci mettiamo in ginocchio davanti al sacerdote, non facciamo altro che ripetere lo stesso gesto del servo. Diciamo: “Signore, abbi pazienza con me”. Voi avete pensato alcune volte alla pazienza di Dio? Ha tanta pazienza. Sappiamo bene, infatti, che siamo pieni di difetti e ricadiamo spesso negli stessi peccati. Eppure, Dio non si stanca di offrire sempre il suo perdono ogni volta che lo chiediamo. E’ un perdono pieno, totale, con il quale ci dà certezza che, nonostante possiamo ricadere negli stessi peccati, Lui ha pietà di noi e non smette di amarci. Come il padrone della parabola, Dio si impietosisce, cioè prova un sentimento di pietà unito alla tenerezza: è un’espressione per indicare la sua misericordia nei nostri confronti. Il nostro Padre, infatti, si impietosisce sempre quando siamo pentiti, e ci rimanda a casa con il cuore tranquillo e sereno dicendoci che ci ha condonato ogni cosa e perdonato tutto. Il perdono di Dio non conosce limiti; va oltre ogni nostra immaginazione e raggiunge chiunque, nell’intimo del cuore, riconosce di avere sbagliato e vuole ritornare a Lui. Dio guarda al cuore che chiede di essere perdonato.

Il problema, purtroppo, nasce quando noi ci troviamo a confrontarci con un nostro fratello che ci ha fatto un piccolo torto. La reazione che abbiamo ascoltato nella parabola è molto espressiva: «Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”» (Mt 18,28). In questa scena troviamo tutto il dramma dei nostri rapporti umani. Quando siamo noi in debito con gli altri, pretendiamo la misericordia; quando invece siamo in credito, invochiamo la giustizia! E tutti facciamo così, tutti. Non è questa la reazione del discepolo di Cristo e non può essere questo lo stile di vita dei cristiani. Gesù ci insegna a perdonare, e a farlo senza limiti: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette» (v. 22). Insomma, quello che ci propone è l’amore del Padre, non la nostra pretesa di giustizia. Fermarsi a questa, infatti, non ci farebbe riconoscere come discepoli di Cristo, che hanno ottenuto misericordia ai piedi della Croce solo in forza dell’amore del Figlio di Dio. Non dimentichiamo, dunque, le parole severe con le quali si chiude la parabola: «Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello» (v. 35).

Cari fratelli e sorelle, il perdono di cui san Francesco si è fatto “canale” qui alla Porziuncola continua a “generare paradiso” ancora dopo otto secoli. In questo Anno Santo della Misericordia diventa ancora più evidente come la strada del perdono possa davvero rinnovare la Chiesa e il mondo. Offrire la testimonianza della misericordia nel mondo di oggi è un compito a cui nessuno di noi può sottrarsi. Ripeto: offrire la testimonianza della misericordia nel mondo di oggi è un compito a cui nessuno di noi può sottrarsi. Il mondo ha bisogno di perdono; troppe persone vivono rinchiuse nel rancore e covano odio, perché incapaci di perdono, rovinando la vita propria e altrui piuttosto che trovare la gioia della serenità e della pace. Chiediamo a san Francesco che interceda per noi, perché mai rinunciamo ad essere umili segni di perdono e strumenti di misericordia.

Possiamo pregare su questo. Ognuno come lo sente. Invito i Frati, i Vescovi ad andare nei confessionali – anche io ci andrò – per essere a disposizione del perdono. Ci farà bene riceverlo oggi, qui, insieme. Che il Signore ci dia la grazia di dire quella parola che il Padre non ci lascia finire, quella che ha detto il figliol prodigo: “Padre ho peccato contro…”, e [il Padre] gli ha tappato la bocca, lo ha abbracciato. Noi incominciamo a parlare, e Lui ci tapperà la bocca e ci rivestirà... “Ma, padre, domani ho paura di fare lo stesso…”. Ma torna! Il Padre sempre guarda la strada, guarda, in attesa che torni il figliol prodigo; e tutti noi lo siamo. Che il Signore ci dia questa grazia.

* * *

Saluto finale davanti alla Basilica di S. Maria degli Angeli

Vi ringrazio tanto per la vostra accoglienza, e chiedo al Signore che vi benedica. Vi ringrazio per questa volontà di essere vicini. E, anche, non dimenticatevi: sempre perdonare. Sempre! Perdonare dal cuore e, se si può, avvicinarsi all’altro, ma perdonare. Perché se noi perdoniamo, il Signore ci perdona; e tutti noi abbiamo bisogno di perdono… Qualcuno qui non ha bisogno di perdono?... Alzi la mano!... Tutti ne abbiamo bisogno.

Adesso preghiamo insieme la Madonna e poi vi darò la benedizione.

Ave Maria…

[Benedizione]

E per favore pregate per me! Arrivederci!